sabato 30 ottobre 2010

Il lincenziamento ( di Frederic Bastiat )

Per un popolo, le cose vanno come per un uomo. Quando vuole darsi una soddisfazione, tocca a lui decidere se vale quello che costa. Per una nazione, la sicurezza è il maggiore dei beni. Se per acquisirla, bisogna mettere in campo centomila uomini e spendere cento milioni, io non ho nulla da dire. E' un vantaggio acquistato al prezzo di un sacrificio. Che non si fraintenda perciò la portata della mia tesi.

Un deputato propone di licenziare centomila uomini per alleviare i contribuenti di cento milioni. Se ci si limita a rispondergli: questi centomila uomini e cento milioni sono indispensabili alla sicurezza nazionale, è un sacrificio, ma senza questo sacrificio la Francia sarà lacerata dalle fazioni o invasa dallo straniero - io non ho nulla da opporre qui a questo argomento, che può essere nei fatti vero o falso, ma che non contiene delle eresie economiche. L'eresia comincia quando si vuole rappresentare il sacrificio in se stesso come un vantaggio, perché è utile a qualcuno.

Ora, non credo di sbagliarmi, l'autore della proposta non farebbe in tempo a scendere dalla tribuna che un oratore vi correrebbe per gridare : licenziare centomila uomini! ci pensate! che cosa diventeranno? di che cosa vivranno? ci sarà del lavoro? ma non sapete che il lavoro manca ovunque? che tutti i mestieri sono pieni? volete gettarli sul lastrico per aumentare la concorrenza e pesare sui salari? In un momento nel quale è difficile guadagnarsi una vita povera, non è bene che lo stato dia il pane a centomila individui? Considerate inoltre che l'esercito consuma del vino, dei vestiti, delle armi, che così esso espande l'attività nelle fabbriche, nelle città di guarnigione, e che esso è, in definitiva, la provvidenza per i suoi infiniti fornitori. Non fremete all'idea di cancellare tutto questo immenso movimento industriale?

Questo discorso, lo si vede, conclude per il mantenimento dei centomila soldati, astrazione fatta dalle necessità di servizio, e per mezzo di considerazioni economiche. Sono queste sole considerazioni che devo controbattere. Centomila uomini, che costano al contribuente cento milioni, vivono e fanno vivere i loro fornitori fino alla concorrenza di cento milioni: è quello che si vede. Ma questi cento milioni, usciti dalle tasche dei contribuenti, fanno smettere di vivere questi contribuenti ed i loro fornitori, fino alla concorrenza di cento milioni: è quello che non si vede. Calcolate, fate dei numeri, e ditemi: quale è il guadagno per la massa? Quanto a me, io vi dirò dove stia la perdita, e, per semplificare, invece di parlare di centomila uomini e di cento milioni, ragioniamo su un solo uomo e mille franchi.

Eccoci allora nel villaggio di A. I reclutatori fanno il giro e prelevano un uomo. Gli esattori fanno un giro e prelevano mille franchi. L'uomo ed il denaro sono portati a Metz, i secondo destinati a far vivere il primo, per un anno, senza fare nulla. Se voi non tenete in considerazione che Metz, allora avete cento volte ragione, la decisione è vantaggiosa; ma se vi rivolgete al villaggio di A, giudicherete diversamente, perché, a meno di essere ciechi, vedrete che il villaggio ha perduto un uomo ed i mille franchi che avrebbero remunerato il suo lavoro, e l'attività che, per la spesa di mille franchi, egli avrebbe espanso intorno a sé. Ad un primo colpo d'occhio, sembra che vi sia una compensazione. Il fenomeno che sarebbe accaduto al villaggio, accade invece a Metz, ecco tutto. Ma ecco dove sta la perdita. Al villaggio, quell'uomo vangava e lavorava: era un lavoratore; a Metz, faceva dei fianco-dest e dei fianco-sinist: è un soldato. Il denaro e la circolazione sono gli stessi nei due casi; ma in uno, c'erano trecento giornate di lavoro produttivo, mentre nell'altro ci sono trecento giornate di lavoro improduttivo. Sempre nella supposizione che una parte dell'esercito non sia indispensabile alla sicurezza pubblica. Ora, arriva il licenziamento. Voi mi segnalate un eccesso di centomila lavoratori, lo stimolo alla concorrenza e la pressione che esercita sul livello dei salari. E' quello che vedete.

Ma ecco quello che non vedete. Voi non vedete che rinviare a casa centomila soldati, non è cancellare cento milioni, è lasciarli al contribuente. Voi non vedete che gettare in questo modo centomila lavoratori sul mercato, vuol dire gettarci anche, nello stesso tempo, i cento milioni destinati a pagare il loro lavoro precedente; e che, di conseguenza, la stessa misura che aumenta l'offerta di braccia aumenta così la domanda; da cui segue che la vostra discesa dei salari è semplicemente illusoria. Voi non vedete che prima, come dopo, il licenziamento, ci sono nel paese cento milioni corrispondenti a centomila uomini; e che tutta la differenza consiste in questo: prima, il paese da i cento milioni ai centomila uomini per non fare nulla; dopo, li dà per il loro lavoro. Voi non vedete, infine, che quando un contribuente da il suo denaro, che sia ad un soldato in cambio di nulla, che sia ad un lavoratore in cambio di qualcosa, tutte le conseguenze ulteriori della circolazione di questo denaro sono le stesse in entrambi i casi; soltanto, nel secondo caso, il contribuente riceve qualcosa, mentre nel primo non riceve nulla - risultato? Una perdita secca per la nazione.

Il sofismo che io combatto qui non resiste alla prova della progressione, pietra di paragone dei principi. Se, tutto compensato, presi in considerazione tutti gli interessi, vi è un profitto nazionale ad aumentare l'esercito, perché non arruolare sotto la bandiera tutta la popolazione maschile del paese?

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